12/02/12

Ottiche per Carabine ad aria compressa

Ottiche per Carabine ad aria compressa




Le moderne carabine ad aria compressa per uso sportivo e da divertimento sono, almeno quelle di fascia medio-alta, degli strumenti da tiro estremamente accurati e ben costruiti ed è ormai di uso comune dotarle di un sistema di mira ottico che permette di sfruttarne appieno l’accuratezza di tiro sino alle massime distanze utili. Addirittura molti modelli vengono proposti dai fabbricanti senza mire metalliche, dunque espressamente progettati per l’utilizzo con il cannocchiale di mira.

Una buona ottica permette dunque di ottimizzare le prestazioni dell’arma e rendere la precisione intrinseca, anche se con un po’di pratica e di allenamento, alla portata della maggioranza dei tiratori.

La prima considerazione riguarda la qualità. Tra i cacciatori di selezione, spesso dotati di costose carabine di origine europea, è consolidata l’idea che il cannocchiale di mira debba essere “costoso almeno quanto l’arma” e assolutamente “made in Austria”. Questa idea, seppur ancora abbastanza valida nello specifico contesto, è nel nostro caso eccessivamente selettiva. Per prima cosa si consideri che le carabine ad aria compressa, libere o a “piena potenza” sono delle armi destinate allo sport del tiro di precisione a distanze di molto inferiori a quelle cui si tira con un’arma da fuoco, inoltre le caratteristiche delle ottiche per quest’uso possono tranquillamente sottostare a delle specifiche molto meno stringenti di quelle, ad esempio, destinate alla caccia di selezione in alta montagna oppure per l’appostamento in condizioni di luce difficile. E’ dunque sufficiente che lo strumento sia robusto abbastanza da resistere alle sollecitazioni meccaniche (tipiche delle springers), di buona qualità ottica e accurato nelle regolazioni.




Le specifiche principali di un’ottica vengono generalmente indicate con una serie di “numeri” come ad esempio 4 X 32 oppure 4 – 12 X 50, etc.. Il primo esempio individua un’ottica a quattro ingrandimenti fissi il cui diametro dell’obiettivo è 32 mm, il secondo indica invece un “variabile” da 4 a 12 ingrandimenti avente un obiettivo da 50 mm.






Gli ingrandimenti ci dicono di “quante volte” viene ingrandito il bersaglio inquadrato rispetto alla visione ad occhio nudo, mentre il diametro dell’obiettivo determina essenzialmente la luminosità dello strumento, ossia maggiore è il diametro, maggiore sarà la quantità di luce che passa e che contribuisce dunque a rendere luminosa l’immagine.


Un’altra variabile è il diametro del tubo centrale il quale, nelle ottiche destinate ad un uso non particolarmente specialistico, misura normalmente 25,4 mm (spesso indicato con l’unità di misura anglosassone “1 pollice”).
Su alcuni modelli particolari, generalmente molto più costosi e destinati ad utilizzi specifici, questa misura può essere anche 30 mm; il maggior diametro contribuisce ad aumentare la luminosità ed è utile soprattutto quando si utilizza la carabina in condizioni di luce difficile oppure quando si utilizzano ingrandimenti elevati.



Il correttore di parallasse
Le ottiche destinate al tiro di precisione debbono essere dotate di uno specifico accorgimento tecnico: il parallasse regolabile, al contrario di quelle destinate all’uso venatorio le quali hanno di solito il parallasse azzerato dalla fabbrica alla distanza di circa 100 metri.
Vediamo intanto cos’è l’errore di parallasse. Immaginiamo di guardare l’ora su di un orologio a lancette; poichè il piano del quadrante e quello su cui ruotano le lancette sono sfalsati, se il punto di vista fosse obliquo rispetto a questi piani sarebbe difficile determinare con precisione l’ora esatta, in quanto il piano inferiore, su cui sono riportati i riferimenti, sembrerebbe spostarsi con il cambiare dell’angolo di visuale generando appunto quello che viene definito “errore di parallasse”. Soltanto se i due piani coincidessero oppure se il punto di vista fosse perfettamente perpendicolare ai piani si riuscirebbe ad apprezzare esattamente la misura.


Negli strumenti ottici di mira i due piani dell’esempio sono rappresentati dal piano del reticolo e da quello su cui è focalizzata l’immagine. Quando si inquadra il bersaglio attraverso questo strumento difficilmente si riesce a posizionare l’occhio sempre in modo perfettamente perpendicolare al piano focale ed in linea con l’asse ottico e dunque, se non si ha la correzione, si ingenera l’errore.

Nelle ottiche senza correttore di parallasse ciò è facilmente verificabile inquadrando un bersaglio posizionato ad una distanza diversa da quella a cui la fabbrica ha azzerato l’errore: basta posizionare l’arma dotata di ottica su di un supporto stabile (ad esempio un rest) e mirare; ruotando leggermente la testa si noterà come il reticolo di puntamento sembri “galleggiare” sul bersaglio, impedendo un preciso e costante puntamento per l’impossibilità di riposizionarsi sempre esattamente allo stesso modo nella successione di tiri.



Il problema può essere risolto, oltre che posizionando il bersaglio alla distanza a cui l’errore è azzerato (cosa non sempre fattibile), utilizzando appunto un’ottica dotata di correttore di parallasse. Questo consiste normalmente di una ghiera ruotante intorno alla campana anteriore dell’obiettivo, riportante dei riferimenti (in metri o in yarde): se si conosce la distanza del bersaglio, basta ruotare tale ghiera e posizionarla in corrispondenza del riferimento corrispondente, mentre se la distanza non è nota si inquadrerà il bersaglio e si ruoterà la ghiera sino a quando questo non sarà perfettamente “a fuoco”.

E’ evidente dunque che, volendo ottenere la massima precisione dal binomio arma-ottica, si dovrà utilizzare uno strumento dotato di parallasse regolabile e, in particolare, dovendolo utilizzare su una carabina ad aria compressa il cui tiro utile può essere compreso tra i dieci e i cento metri, ci si dovrà ben assicurare che la correzione del parallasse sia possibile a partire dalla distanza minima (circa 10 m). Si tenga presente che l’errore di parallasse è tanto più evidente quanto più è elevato il numero di ingrandimenti utilizzato.

Nelle ottiche utilizzate sulle carabine ad aria compressa, quindi destinate ad inquadrare bersagli disposti a distanze relativamente basse, l’errore di parallasse riscontrabile su un’ottica da pochi ingrandimenti è pressoché trascurabile, però utilizzando uno strumento senza questa regolazione si avranno delle difficoltà di messa a fuoco alla brevi distanze, dunque vale la pena averlo comunque.
In lingua inglese queste ottiche sono generalmente indicate come “Adjustable Objective” o semplicemente con le lettere AO.



L’ottica come “telemetro”
Chi vuol utilizzare la carabina per sparare con la massima precisione a bersagli disposti a distanze sempre diverse oppure per praticare il Field Target, può risolvere un grande problema mediante l’utilizzo di un’ottica adeguata: la stima della distanza del bersaglio.
La procedura è la seguente:
1. Si azzera l’ottica a distanze diverse, ad esempio 10, 15, 20, 25, 30, 35, 40, 45, 50 metri e ci si annota di quanti “click” va ruotata la torretta di elevazione per far si che il punto d’impatto coincida con il punto di mira a quelle date distanze.

Si ricava quindi una tabellina di questo tipo, indicando anche il tipo di pallino utilizzato (esempio):
Tipo di pallino: RWS Super Dome 8.40 gr (esempio realizzato con numeri non reali):

Distanza del bersaglio
metri Numero click di cui ruotare la torretta di elevazione
10 -15
15 -10
20 -5
25 0
30 25
35 33
40 41
45 50
50 60

Il numero zero indica la distanza di azzeramento “base” dell’arma (nell’esempio pari a 25 metri), il numero di click preceduto dal segno negativo stà ad indicare la rotazione della torretta nel senso indicato con “DOWN” (in basso), gli altri indicano la rotazione nel senso indicato con “UP” (in alto).
Questa tabellina va poi memorizzata oppure stampata e applicata da qualche parte sulla carabina, così da poterla facilmente visualizzare.
Il problema è ora quello di stimare la distanza esatta del bersaglio, più questa stima è corretta, più il punto d’impatto si avvicinerà al punto di mira.



Disponendo di un cannocchiale con forte ingrandimento (non meno di 18 o 20 X), questo si può utilizzare come se fosse un “telemetro”, purchè sia dotato di correttore del parallasse riportante le distanze in metri o yarde. Maggiore è la potenza d’ingrandimento, maggiore è la precisione nel rilevamento della distanza (nelle competizioni di Field Target si utilizzano ottiche da non meno di 32 ingrandimenti e la precisione nel rilevamento della distanza è dell’ordine di pochi centimetri!). Questo sistema può dare ottimi risultati fino alla distanza di un centinaio di metri circa, oltre diventa piuttosto difficile conseguire risultati accettabili.

Come si fa:
1. si pone il cannocchiale al massimo ingrandimento (almeno 18X);
2. si inquadra il bersaglio;
3. si ruota la ghiera del parallasse fino a quando il bersaglio stesso è perfettamente nitido (ossia è “a fuoco”);
4. si legge sulla ghiera la distanza corrispondente (questa è spesso riportata in yarde, 1Yd=0.91 m);
5. individuata la distanza a cui si trova il bersaglio, si ruota la torretta di elevazione del numero di click corrispondenti, quindi si mira e si spara. E’ evidente che in questo caso si mirerà sempre ponendo il centro del reticolo sul punto di impatto voluto.
La tabellina vale solo per uno specifico tipo di pallino, cambiandolo se ne dovrà compilare un’altra. Questo sistema permette di sfruttare al meglio le caratteristiche di accuratezza intrinseca dell’arma, pur essendo per contro un po’ più laborioso.

Chi volesse ottimizzare questo sistema potrebbe verificare sperimentalmente le distanze indicate sulla ghiera, completandole eventualmente con quelle intermedie. Ad esempio, un comune sistema è quello di applicare una striscia di adesivo esattamente sopra i riferimenti originali, quindi, dopo aver traguardato dei bersagli posti a distanze note, riportarle nuovamente con un pennarello sulla striscia di adesivo, indicando anche il numero di click corrispondenti a quella distanza.

Seguendo lo stesso principio, anche la torretta di elevazione può essere eventualmente “personalizzata” o sostituita con una specifica e di maggiori dimensioni, quindi più facilmente manovrabile (ne esistono di aftermarket per vari modelli di ottica, essendo questo sistema comunemente adottato dai tiratori di Field Target).



Il montaggio e la taratura dell’ottica
Nel caso si monti l’ottica per la prima volta, conviene procedere nel modo seguente:
1. con un po’di alcool, pulire bene sia la slitta di montaggio situata sull’arma che le ganasce degli attacchi;
2. alcuni attacchi hanno nella parte inferiore un perno che va posto in corrispondenza del foro ricavato sulla slitta dell’arma per evitare spostamenti dovuti al rinculo. Verificate che ci sia, provate a posizionarlo prima di stringere l’attacco; se fosse troppo alto e impedisse il corretto montaggio modificatene l’altezza con una lima;
3. montate gli attacchi, stringendo le viti di fissaggio in maniera progressiva ed alternata (in seguito è opportuno utilizzare un prodotto frenafiletti “medio” per evitare che si allentino).

4. Ora l’ottica: la prima cosa da fare è la centratura delle torrette. Svitate i tappi protettivi e ruotate entrambe le torrette sino a fine corsa; da questo punto iniziate a ruotarle nuovamente in senso contrario sino al fine corsa opposto, contando esattamente il numero di giri effettuati (ad esempio 8 giri e 4 click); infine, giratele nuovamente nell’altro senso PER UN NUMERO DI GIRI PARI ESATTAMENTE A META’ di quelli contati (con riferimento all’esempio: 4 giri e 2 click). In questo modo si avrà la certezza di iniziare la taratura con il reticolo perfettamente centrato;
5. montate l’ottica sugli anelli e serrate leggermente le viti, ruotatela quindi fino a che il reticolo sia correttamente posizionato (i più pignoli posizioneranno una livella a bolla sull’arma, per assicurarsi che sia perfettamente orizzontale, ed un filo a piombo ad una certa distanza. Senza muovere l’arma, inquadreranno il filo e ruoteranno l’ottica fino a quando il segmento verticale del reticolo sia esattamente parallelo al filo a piombo). Solo ora, sempre in maniera progressiva ed alternativamente, si potranno stringere le viti di fissaggio dell’ottica (anche qui si può usare del frenafiletti).



6. Il primo test di tiro va fatto a breve distanza. Disegnate una croce su un foglio di carta e posizionatelo a dieci metri, quindi, dopo esservi posizionati in appoggio, sparate 5 colpi mirando esattamente al centro della croce;
7. controllate la posizione degli impatti rispetto al punto di mira e segnate con un pennarello il centro della rosata. La prima cosa da fare è regolare la derivazione, ossia portare la rosata sull’asse verticale della croce (in alto o in basso non ha importanza in questo momento): misurate la distanza tra il centro della rosata e l’asse verticale (ad es. 50 mm), quindi ruotate la torretta laterale del numero di click corrispondenti. A 10 metri 1 click sposterà il punto d’impatto di circa 0,7 mm (per ottiche con spostamenti da ¼ di MOA), quindi per spostarlo di 50 mm si dovrà ruotare la torretta di circa 72 click, a sinistra per spostare gli impatti a sinistra e a destra per spostarli a destra).
Fatto questo, si passerà alla fase di azzeramento definitivo, ossia quello verticale, ma a questo punto sorge un interrogativo: a che distanza azzerare l’ottica?

Ci sono due “scuole”: una sostiene sia meglio azzerare ad una distanza “media”, corrispondente anche a quella di più frequente utilizzo dell’arma e quindi compensare adeguatamente quando si spara a distanze inferiori o superiori a questa, l’altra sostiene invece sia meglio azzerare alla distanza massima e compensare quindi soltanto per le distanze intermedie.



Nel primo caso si avrà il vantaggio di avere un “point blank” ristretto, essendo la freccia della curva di traiettoria divisa dallo zero intermedio, lo svantaggio è che nel caso di compensazione si dovrà stimare con precisione la distanza del bersaglio e capire se è minore o maggiore di quella d’azzeramento (cosa non sempre facile..), e quindi compensare mirando più alto se è superiore o più basso se è inferiore.


Nel secondo caso, poiché la curva della traiettoria si svolge quasi totalmente sopra l’asse ottico di mira (a parte un primo “attraversamento” a breve distanza dalla volata), la freccia e quindi il point blank saranno superiori rispetto al caso precedente, ma il vantaggio è che la compensazione avverrà sempre mirando basso, poiché i bersagli saranno sempre sicuramente a distanze inferiori a quella di azzeramento (la distanza massima di tiro è poi generalmente più facile da stimare).